Il Vaso

Tratte dal libro ” OMAGGIO A MARCIANA MARINA” cronache di vita paesana
raccontate da Enzo Lazzeri
edito in occasione del centenario del comune (1884-1984)
Sul bere bene c’è una vastissima letteratura.
Perché bere bene è difficile ed il farlo alla perfezione presenta difficoltà tali che chi ci riesce ha diritto alla qualifica di Artista.
Perché accoppiare ad un piatto il vino più adatto, lascia perdere se bianco o rosso ché quello lo sa dire anche Sauro o Ciccio della Marinella, ma stabilire proprio quello, di quella tale località e di quella annata… non è cosa da tutti.
E’ roba da raffinati? Sicuro è roba da raffinati! Perché, scusa, se uno in quel tal genere è un raffinato c’è da dire qualcosa? Magari lo fossero tuttí! Anche quella di saper mangiare e bere bene è un’altissima forma di civiltà.
Dice: Bravo! Ad avere quattrini da spendere!
Dio buono, se tu hai soldi soltanto per due sardine, il pane e un gocciaccio di vino il discorso cambia, ma io parlo della gente normale, che mangia normale e che con la stessa spesa potrebbe mangiare e bere meglio, ecco tutto.
Qualche anno fa questo discorso si poteva fare ad un numero più limitato di persone di quello alle quali si può fare oggi.
Oggi il livello di vita è aumentato, così come sono aumentate le esigenze. Il modo di vestire, il modo di spostarsi da un luogo ad un altro, ma soprattutto è cambiato il sistema di alimentazione.
Non è civiltà questa? Se non è civiltà ditemi che nome le dareste.
Ora c’è un altro pericolo: che ci si avvii, a forza di civiltà, sulla scia degli americani, alla culinaria delle scatolette generalizzate. E allora addio bimba! Si ritorna a punto e daccapo.
Ma per ora si va abbastanza bene e le nostre donne fanno di tutto per scoprirci nuovi piatti.
Insomma, quello che volevo dire è questo: lo stare a tavola è un’Arte e per stare a tavola intendo il mangiare… ma anche il bere’.
I nostri predecessori, appena giunti all’Era della ragione, cosa fecero per prima cosa? Non erano più scemi, inventarono il vino e lo bevvero nei recipienti che sapevano fare e cioè in vasi di coccio.
Più tardi gli antichi pescicani, lasciavano alla gleba i bicchieri di stagno e bevevano in calici di bella forma, fatti con argento, con oro e, quelli tipo Onassis di oggi, ci facevano appiccicare anche le pietre preziose. Ma oggi, oggi, figlioli, non è più un segreto da « belle époque », il vino si gusta bene in un bel bicchiere di cristallo.
E più è sottile e più il vino sembra buono.
Non lo dico soltanto io: lo divulga il Soldati (quello dei cibi genuini), lo afferma il Monelli, lo sottolineano il Veronelli e tutti quegli altri scienziatoni, tutti gli altri sapientoni della materia.
Qualcosa di vero ci deve essere.
Per esempio, sotto le armi, ai miei tempi, si beveva nel gavettino. Che era di alluminio.E il vino cambia sapore. Magari era discreto e diventava una schifenza.
Del resto ci vuol poco: prova a bere il vino in una tazza: non ci son versi, cambia sapore!
Anche l’acqua, se la bevi in un bicchiere va bene, ma se la bevi in un recipiente di metallo o di coccio, nonè più l’acqua di prima. Sarà anche suggestione ma, almeno a me, ha fatto sempre questo effetto.
La banda dei notturni, anche quella notte, aveva deciso di far visita alla cantina di Lido. Soliti urli, solite botte alla porta di casa. Dar da, bere agli assetati, è un’opera di misericordia corporale.
Anche Don Zeni, dall’altare, si raccomanda.  Ma c’è sete e sete.
E per quelle seti si poteva, secondo Lido, fare a meno, una volta tanto, di usar misericordia.
E quelli, duri, a chiamare ed a batter colpi da svegliar la gente fino alla Soda.
Ad un certo momento, tutto quel fracasso fu superato dallo strepitìo di una finestra vicina e qualche cosa di luccicante, un getto di liquido che nel buio sembrava d’argento, volò dall’alto.
Fu un fuggi, fuggi. Poi, dietro, un rotolare sordo. Era un vaso da notte che correva dietro le loro gambe. Si « analizzarono » a vicenda e si tranquillizzarono.
Non ne avevano troppa dimestichezza, ma concordarono che era acqua.
Stavano per sciogliere l’assemblea quando uno di loro si ricordò del vaso, tornò indietro e lo raccattò: era un bel vaso da notte, di plastica.
E questo recipiente andò a finire nella macchina del Sindaco,che per diversi giorni se lo trascinò dietro.
Fino a quella notte. Se Rosmunda la fecero bere nel cranio di suo padre noi, in mancanza di crani… non si potrebbe bere nel vaso del Ciummei?    Già! … 0 dove è andato a finire
E’ nella macchina del Sindaco.
L’automobile venne immediatamente rintracciata e, aperto lo sportello, venne subito recuperato il famoso vaso che si era rincattucciato dietro il sedile.
Per prima cosa lo detersívarono a dovere, lo sciacquarono, lo sterilizzarono con alcool, risciacquarono ancora e, asciugatolo ben bene, lo riempirono di buon vino bianco, ambrato, del Bisso.
A guardarlo… lì dentro… non sembrava più vino.   Ma dice che era stupendo.
Bevvero e ribevvero e più bevevano e più garantivano che degustare il vino in quel. recipiente era una sciccheria ed un privilegio da buongustai.
Altro che cristallo di Boemia! Provare per credere, dicono loro! E te allora fidati degli esperti! E poi uno spende dei patrimoni per allargarsi le cognizioni!
lo, per esempio, queste cose non le sapevo. Lo voglio scrivere al Monelli, al Mario Soldati, al Veronelli ed a tutti gli altri Sapientoni!
Si danno tante arie, quei signori: danno consigli, trincian giudizi, pretendono di sapere tutto e scrivono libroni alti così sull’Arte del bere!
E io, che mi fidavo, li ho comprati i loro libri. Li ho letti tutti. Mai uno solo, uno solo, di questi espertoni che mi avesse consigliato questo sistema! E’ inutile: Marciana Marina è sempre Marciana Marina e c’è sempre qualche cosa da imparare!