Tratte dal libro ” OMAGGIO A MARCIANA MARINA” cronache di vita paesana
raccontate da Enzo Lazzeri
edito in occasione del centenario del comune (1884-1984)
Erano circa le sei e mezzo (di mattina) e Ferruccio,
barba lunga e cassetta sul manubrio della bicicletta,
con gli occhi ancora tra i peli, pedalava piano piano verso il porto,
quando si senti guardato.
Sai, quella strana sensazione di non essere soli…
quello strano pizzícorino che ti senti dentro?
Si fermò, si guardò intorno e non vide nessuno.
Stava per ripartire quando scorse l’occhio che lo fissava.
Si avvicinò: non era un occhio.
Quel circoletto scuro era un foro e quel foro era in cima al collo di una bottiglia.
Ferruccio, speranzoso, allungò la mano, ma cautamente,
perché accanto alla bottiglia si vedeva ora un braccio che ciondalava.
Il braccio apparteneva ad un tale che a letto ci doveva ancora andare
e che li, occhi serrati, rivoletto di procanico e sugo di cicca da fil
di labbro a mezza gota, dormiva beato sulla panchina dietro il
giardino,mezzo nascosto dalle piante.
Ferruccio lo guardò ammirato anche se la bottiglia, messa contro la
poca luce dell’alba, risultò vuota.
Lo guardò ammirato e pronunciò quella frase che è rimasta storica:
Beato te… che ti sei già levato il pensiero!
E filò, a ruote sgonfie (lo sai che faticaccia sarebbe con la pompa?)
al bar sulla Piazza della Chiesa; lasciò sotto il famoso tendone la
bicicletta e,paziente, si mise ad aspettare che Aldo aprisse il bar.
Eccolo.
Buongiorno, Aldo, pena poco ad aprir bottega… ho un’arsura!
Arsura? A quest’ora? Devi cominciar prima!
Hai ragione… ma oggi sono giustificato.
Figurati che ho sognato di mangiar lo stoccafisso … !
Era anche salato…
Ed entrò a spengere l’incendio.